Il Museo d’Arte Sacra
E'
stato inaugurato ufficialmente il 18 Marzo 1989. E' ospitato in uno
splendido edificio ecclesiastico - tuttora consacrato - che delimita la
centrale via Borgo a ridosso dei bastioni del Castello Malatestiano. Si
tratta dell’Oratorio di S. Giuseppe Nuovo, voluto dalla Confraternita degli
Agonizzati - o di S.Giuseppe
appunto - e la cui data d’inizio di costruzione
risale al 1703 secondo un progetto architettonico attribuito prima al cesenate
Pier Mattia Angeloni e, successivamente, a Giovanni Masi e che si dà
per terminata in una prima fase nel 1728.
Ciò
che colpisce, anche all’occhio più profano, è la nobile armonia
dell’edificio, con una rigorosa pianta a croce greca: la facciata, in buono
stato di conservazione, è in mattoni a vista, con un portale finemente
giocato con i soprastanti occhi e finestre munite di pregevoli inferiate
in ferro battuto.
Chi sale i pochi gradini d’accesso non può non rimanere stupito
dalla ricchezza ed eleganza della decorazione interna. Gli ornati e gli stucchi sottolineano gli elementi architettonici in maniera copiosa, incorniciando
i vani con un sontuoso repertorio di valve di conchiglie, mascheroni, capitelli,
volute intrecciate di fiori, frutta e putti angelici.
Artefice di questo mirabile artificio plastico e decorativo è
il riminese Antonio Trentanove, che dal 1789 al 1791 procede a ridefinire
tutto l’impianto degli ornati di stucco realizzati in loco servendosi di
qualificati artigiani locali. Prendono così forma le statue che
rappresentano le virtù - Fede, Speranza, Giustizia e Carità
- i pannaroni degli altari, gli stucchi a raggiera delle cupole che si
chiudono alle loro sommità con una colomba dorata in legno che suggella
quella che è forse la più intatta testimonianza della architettura
barocca settecentesca nella nostra Romagna meridionale.
Le buone condizioni statiche e manutentive si devono ai lavori di
ripristino che hanno preceduto l’apertura del Museo, ciò ha consentito,
innanzitutto, di valorizzare questo edificio architettonico e le sue preziose
opere interne.
Ad Antonio Zanchi, allievo prediletto di Gian Gioseffo Dal Sole,
sono da ascrivere le tre grandi pale che adornano sia l’altare centrale
“Il transito di S. Giuseppe” che i due altari laterali, "Madonna col Bambino
e Santi Francesco Saverio e Francesco da Paola" e "Angeli che sorreggono
il medaglione" con la Vergine e il Bambino in affresco cinquecentesco di
mano ignota. Nella Parte bassa di questo dipinto raffinato e di efficace
impianto formale si apre una bella veduta di Longiano.
Ancora Longiano è raffigurato in maniera più minuziosa
nel dipinto del 1748 di Giuseppe Rosi "San Valerio Martire" dove vi è
un più dettagliato scorcio del paese nel quale sono riconoscibili
alcuni luoghi e palazzi tutt’oggi presenti come lo stesso Oratorio, il
Castello, il Convento del SS. Crocefisso, la Collegiata di S. Cristoforo.
Da sottolineare inoltre alle spalle del Santo la presenza di piante d’ulivo
che ancora oggi caratterizzano le vallate circostanti, quasi un tassello
di Umbria in piena Romagna.
Da evidenziare, nel patrimonio pittorico dell’Oratorio, una via
Crucis voluta dal conte abate Paolo Emilio Manzi (Longiano 1705-1782).
Ma tornando a parlare del Museo d’Arte Sacra, esso ha saputo arricchire
la sua sede, già tanto bella, attraverso il recupero di numerose
opere o arredi sacri altrimenti destinati a languire in qualche ripostiglio
se non a deperire per i danni e l’incuria dell’uomo.
Esso raccoglie una molteplice gamma di reperti che, al di là
della loro qualità estetica, concorrono tutti ad evidenziare il
valore radicato, a Longiano e sul suo territorio, della cultura religiosa.
Citiamo velocemente i dipinti più colti, come "L’ Assunta e i Santi
Antonio Abate e Girolamo" attribuita al pittore ravennate Giovanni Battista
Barbiani ( 1539-1650 ), proviene dal distrutto convento di Girolamini;
come forse il "Crocefisso fra il Santo Girolamo e Monaca", anonimo dei
primi anni del 1600; il ritratto di Francesco Manzi, arcivescovo e legato
pontificio di Avignone; dall’ Oratorio della Vergine di Loreto proviene
un’ anonima Madonna nera e arcaizzazione di datazione incerta, così
come d’ ignoto é il "S. Francesco che riceve le stigmate".
Va sottolineato come parte dei dipinti mostrati sono stati restaurati
col contributo di privati cittadini che pure hanno consegnato un simbolico
"prestito perpetuo" alcuni oggetti della pratica di fede della nostra terra.
Testimonianza di ciò, alcuni ex-voto di graziosa fattura, madonne
e santi votivi. Nelle bacheche in vetro sono conservati preziosi oggetti,
come un tabernacolo, calici e altri oggetti rituali provenienti dalla Parrocchiale,
così lo splendido piviale in seta rossa e oro.
Dal passaggio del fronte arriva l’ ultima acquisizione: una Madonna
in tela dei primi del Novecento che la vedova di un soldato inglese ha
voluto restituire alla morte del marito.
Prima di concludere, ancora uno sguardo di insieme al museo e una
nota particolare alle pregevoli panche con gli schienali decorati a tempera,
volute dalle famiglie aristocratiche longianesi nel XVIII° secolo della
chiesa di Montilgallo.
Notizie dal sito
dell'Università di Bologna